I farmaci oppiacei
Gli effetti dell’oppio sono noti all’uomo sin dall’antichità. Li conosceva l’uomo di Cro-Magnon (20.000 a.C.), e i Sumeri (5.000 a.C.) ne tramandarono l’uso alla civiltà babilonese. Un papiro egiziano (1.500 a.C.) ne raccomandava l’uso come sedativo, e Ippocrate nel IV secolo a.C. lo consigliava come rimedio per numerosi mali.
L’oppio fece il suo ingresso nella civiltà romana dopo la conquista della Grecia, ma già nel III secolo a.C. erano noti i rischi di un uso improprio. Nella seconda metà del Medioevo in Europa il suo consumo andò pericolosamente aumentando, tanto da suscitare reazioni ufficiali: la Santa Inquisizione giunse al punto di vietarne l’uso anche come medicinale.
Paracelso morì intossicato nel 1541dopo aver inventato il laudano, sostanzialmente una tintura di morfina all’1%, ottenuta dalla macerazione dell’oppio in vino o in una soluzione alcolica con aromatizzanti, come zafferano, cannella e chiodi di garofano.
Nel XIX secolo l’oppio conobbe in Europa il suo periodo di massima diffusione: molti poeti e scrittori ne facevano un uso voluttuario, contribuendo alla fama di sostanza proibita e pericolosa che ha influenzato negativamente fino ai giorni nostri e talora in modo ingiustificato l’uso a scopo terapeutico dei suoi derivati.
Per chiarirne il meccanismo d’azione gli studiosi marcarono la morfina rendendola visibile radiologicamente una volta iniettata, al fine di scoprirne la destinazione. Si accorsero così che in alcune aree del cervello e del midollo spinale esistono veri e propri recettori, ma sembrava improbabile che il nostro organismo possedesse recettori adatti a legarsi unicamente con sostanze chimiche provenienti dall’esterno.
Molto più ragionevole pensare che anche il nostro corpo le producesse. Vennero così scoperte le endorfine, cioè morfine endogene dotate di caratteristiche simili a quelle dei farmaci oppiacei.
Attualmente la prescrizione degli oppiacei è diventata piuttosto comune. I più frequenti effetti collaterali consistono in nausea, prurito e sonnolenza, e a lungo termine possono verificarsi variazioni ormonali e modificazioni dell’assetto immunitario, per cui necesitano di un monitoraggio costante.